Chi è Jo Spatacchia ?

ALBO 1

"Strani incontri"



TESTO : Vieri Tommasi Candidi

DISEGNI : Alessio Giurintano

ILLUSTRAZIONI : Nilo Australi

MUSICA : Sergio Borghi

ARRANGIAMENTI : Luca Bechelli

COPERTINA : Alessio Giurintano

 

 

 

 

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Vecchio pirata e uomo che cerca

 Per Jo Spatacchia (all'anagrafe Giovanni Spatacchini ma nessuno, nemmeno lui, si ricorda quasi più il suo vero nome) il 24 di novembre inizia male. Oggi è il suo turno di accompagnare il figlio a scuola ed è in ritardo sulla tabella di marcia.

Quadrante luminoso della sveglia: 7.30. Cristo! Com'è possibile che non l'abbia sentita? è dalle 6.45 che suona!

Si butta giù dal letto cogli occhi ancora serrati di sonno. Si lava il viso, torna un po' in sé.

Una rapida occhiata allo specchio: dio che faccia, sembra invecchiato di diec'anni. Macché dieci, venti!

Adesso quattro operazioni assolutamente imprescindibili per il benessere di tutta la giornata: colazione, evacuazione corporale, doccia, barba.

Fatto!

Dopodiché: bilancia. La magrezza è fondamentale per lui, ama l'essenziale, detesta le forme opulente, ha l'impressione che l'eccesso nasconda la vacuità.

Si pettina. Si veste veloce. Cellulare, portafoglio, borsa da

lavoro, ha preso tutto? No, non prende mai tutto! Cosa manca? cosa? Non c'è tempo, non c'è tempo! Via! Via!

Esce di casa in fretta e furia.

Piove.

Balza in macchina. Chiave nel cruscotto. Ha il respiro mozzo di stress già di prima mattina.

Un po' di musica per rilassarsi. Blues, meglio, anestetizza veloce.

Eh no! Che cavolo c'è ora!?

L'auto gli fa strane bizze, singhiozza a tratti come avesse del catarro in gola, forse il carburatore, ma che ne sa? non sa nemmeno se ce l'ha il carburatore, di motori non capisce nulla. Comunque in qualche modo va. Per ora.

Il traffico non scorre.

Porcaccia schifosa! Semafori lenti. Lentissimi. L'idraulico che deve aggiustare il rubinetto non risponde al telefono. Non risponde mai quello! L'ex moglie neppure. Deve assolutamente fargli trovare il bambino bell'e pronto sulla porta quando arriverà se non vuole sprecare un'altra giustificazione con l'insegnante.

Insomma una giornata bruttina come tante altre.

Certo, se paragonata a quella d'un prigioniero in un carcere di massima sicurezza o a quella d'un orfano in un paese sottosviluppato che non sa come procurarsi il cibo per campare fino al giorno dopo o a quella di qualche disgraziato che sta per essere torturato o mutilato da un aguzzino, be', sarebbe una giornata fantastica, ma siccome tutto è relativo, che dire?

relativamente al suo mondo opulento, benestante, moscio, che si irrita, si spaventa, si deprime, per un nonnulla, è una giornata bruttina come tante altre.

Alla fine preleva, senza troppi danni all'amor proprio, il piccolo dalla ex moglie furiosa per il ritardo, lo bombarda di domande, cos'hai fatto? come hai dormito? cos'hai sognato? ti è mancato papà? Attende paziente le risposte nelle pause concesse dall'onnipresente, maledetto, giochino elettronico, scansa pedoni, cani, motorini, rischia un incidente ogni trenta secondi, fa leva sul suo auto-controllo di uomo civile per non mandare tutti al diavolo, arriva appena in tempo davanti al portone della scuola, afferra il figlio dal seggiolino, lo conduce per mano al custode e glielo affida salutandolo amorevolmente.

Tira il fiato.

Cristosanto, il cuore gli batte a mille. Se non altro però ha già assolto una parte dei suoi doveri, quelli di padre ed ex marito. Adesso è libero per il resto. Si fa per dire. Può recarsi all'albergo popolare. Ha ottenuto dal direttore il permesso di parlare con alcuni ospiti per un articolo sul sociale che sta buttando giù.

 

Visita ogni stanza. Fa domande, ascolta risposte. Annota. Considera. Valuta. Si sente smuovere qualcosa dentro. Se non proprio amore, compassione, che sarà pure un succedaneo un po' anemico del primo ma sempre meglio dell'apatia.

Scrive: "L'albergo popolare è un pruno ficcato nel lardo della nostra esistenza ottusa. Anzi peggio: indifferente".

Bella frase a effetto, non c'è che dire. Piacerà al direttore della rivista?

Certo, e come no? È su frasi così che si fondano questi periodici condotti da gente impegnata nello smuovere coscienze e allo stesso tempo a condurre la stessa vita di quelli a cui le coscienze non si smuovono proprio.

Ma se non altro hanno coscienza della loro incoscienza.

Nell'ultima camera in fondo al primo corridoio nota un tizio diverso dagli altri.

Gli piace poco. Pochissimo. Tra tutti è quello che gli piace di meno.

Un vecchio straccione col codino bianco, il volto arcigno da pirata e lo sguardo da predatore.

Sembra il classico parassita. Quello che per il suo enorme egoismo ha sfruttato chiunque gli capitasse a tiro, genitori, mogli, figli, amici, succhiandogli soldi e anima e sperperando tutto come un idiota tanto da ritrovarsi solo e povero in canna.

Dapprima lo lascia perdere e interroga gli altri, infine si

decide a parlare anche con lui. Gli si siede davanti, gli sorride amichevolmente, si qualifica. Gli spiega cos'è venuto a fare, ma il vecchio non lo degna d'uno sguardo e non smette di fissare un punto nel vuoto.

Che cos'ha 'sto qui? È arteriosclerotico? pazzo?

Jo attende parole che non arrivano. Si guarda intorno perplesso: non c'è più nessuno. Erano in sei in quella stanza e non c'è più nessuno. E non li ha neppure uditi uscire. Possibile?

Il vecchio finalmente alza il suo sguardo su di lui. Jo si sente a disagio. Quegli occhi rapaci gli artigliano il cuore a sangue. Fatica a respirare.

- Rispondi - gli dice il vecchio con voce roca - sei l'uomo che cerca?

- Jo Spatacchia - gli fa Jo tendendogli una mano affabile.

- Che nome idiota.

- D'accordo con lei ma è il mio e me lo tengo.

- Sei l'uomo che cerca? - ripete la domanda il vecchio.

Jo si sente molto a disagio: - L'uomo che cerca?

Il vecchio tace cogli occhi rapaci in quelli di Jo che ha il cuore artigliato a sangue.

- Sì sono l'uomo che cerca - dice infine Jo.

- Cosa cerchi?

- Gliel'ho detto: sono uno scrittore, vorrei conoscere la sua storia se non le dispiace. Potrebbe interessarmi. Potrebbe essere pubblicata. Che ne dice?

Il vecchio riabbassa lo sguardo sul punto fisso di prima e

tace.

Jo sospira e attende.

Passa un minuto. Silenzio e immobilità.

Due minuti. Silenzio e immobilità.

Al terzo minuto la pazienza di Jo - figlio d'un mondo opulento, benestante, moscio, che si irrita, si spaventa, si deprime, per un nonnulla - è al limite: - Se non ha voglia di parlare o se si sente importunato me ne vado.

Il vecchio alza di nuovo lo sguardo su di lui. Di nuovo quegli artigli rapaci nel cuore. È doloroso. Molto. Jo è tentato di fuggire ma non lo fa. Sente che sarebbe il più grande errore della sua vita. Ma perché?

Alla fine dice di getto: - Sono l'uomo che cerca, sì.

Il vecchio chiede ancora: - Cosa cerchi, uomo?

Jo ci pensa un attimo: - Non lo so.

- Sai almeno chi sono io?

- No.

- Sicuro?

- No.

- Davvero?

Jo scatta in piedi nervosissimo: - No, non ne ho idea perdio!

Chi è lei!? Che vuole da me!?

- Credevo fossi venuto tu da me...

Jo si rimette a sedere, sospira, annuisce: - Lei non è affatto quello che sembra.

- Nessuno lo è - dice il vecchio con un espressione sarcastica che a Jo dà molto fastidio. Si sente giudicato e condannato.

- Questo incontro non è casuale - gli risponde con lieve risentimento.

- Niente è casuale.

- Lei ha sempre una risposta a tutto...

- Come i cretini vuoi dire? Hai mai pensato, uomo che cerca, che "caso" è l'anagramma di "caos"?

- No. E allora?

- Il caso avrebbe senso solo nel caos perché il disegno divino esclude il caso, ma il caos è escluso dal disegno.

- Potrebbe non esserci un disegno.

- Tu cosa senti?

- Che lei mi attendeva.

Il vecchio abbassa il suo sguardo rapace che d'un tratto ha perso la sua rapacità. Adesso sembra quasi dolce mentre parla: - Il destino partecipa di volontà divine e umane procedendo per vie strane, tortuose. Figurarsi in anticipo quale di esse prenderà è difficile se non impossibile. Purtuttavia il sentire non mente e se ciò che è in alto si realizza in basso in modo bizzarro, imprevedibile, più importante d'ogni altra cosa è che si realizzi.

Cerca te stesso, Jo Spatacchia. E trovati. Perché questo è il

tuo destino e quello d'ogni uomo. Chi trova se stesso trova l'amore. Senza amore siamo niente, inconsistenza, un'illusione d'essere che si forma dal nulla e nel nulla scompare.

Jo fissa il vecchio con la speranza che parli ancora ma ormai il suo sguardo è di nuovo perso nel vuoto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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